Giustizia e verità di Daria Bonfietti

dall’edizione di Giugno de La Falla, illustrazione di Gerardo Califano.

Certo Ustica è un grande problema di dignità nazionale: un aereo civile, in tempo di pace, è stato abbattuto sui nostri cieli.

Con Ustica si calpestano i diritti di una Nazione, ma nello stesso tempo i diritti dei singoli cittadini, il diritto di ogni persona, nelle sue più svariate dimensioni. A cominciare dal diritto alla vita, agli affetti, alle relazioni, ma poi il diritto alla verità, alla giustizia, al rispetto da parte di ogni istituzione dello Stato.

Mentre celebriamo, in questo 2015, il 70° anniversario della Liberazione e il 35° anniversario della strage di Ustica, settant’anni sono una vita e dunque, per i parenti di Ustica, una metà vita, una metà della loro quotidianità, è stata segnata dalla mancanza di verità e di giustizia, dalla mancanza di quei diritti che sono alla base della repubblica che nasce dalla Resistenza.

Dice proprio una sentenza del Tribunale civile di Palermo, parlando dei parenti delle vittime, che “se avessero potuto conoscere in tempi ragionevoli la ragione della morte dei loro congiunti, avrebbero potuto evolversi ed esprimersi con una libertà molto maggiore, potendo elaborare il lutto della morte dei loro congiunti, senza restare nella prigione di questa verità negata, e potendo dedicare le energie che hanno impiegato nella ricerca della verità ad altre forme di realizzazione della propria personalità”.

È la consapevolezza di questi diritti della persona, nella totalità delle dimensioni, dal diritto alla piena realizzazione di se stessi alla giustizia, alla cultura, al welfare, al lavoro, alla salute, che deve tener uniti gli sforzi di tutti per imporre alla politica di questo paese di voltare pagina.

Voltare pagina – l’ho ribadito il 21 marzo scorso a Bologna con Libera e con don Ciotti – sulla questione Ustica, vuol dire prendere finalmente atto, senza riserve, che un aereo civile è stato abbattuto in tempo di pace nei nostri cieli.

È quello che in ogni occasione ormai “urlano” i nostri tribunali civili, condannando i Ministeri dei Trasporti e della Difesa, quello che in ogni modo è scritto nella coscienza civile di questo Paese.

Il Governo deve sentire tutta la gravità della terribile frase che concludeva il lavoro del dottor Priore: un aereo civile è stato abbattuto e “nessuno ci ha dato spiegazioni”.

Ma ancora di più non si può accettare quel “nessuno ci ha dato spiegazioni” e per questo si devono pretendere risposte ormai ineludibili dagli Stati amici e/o alleati, quali la Francia, gli Usa e la Libia.

È la ricerca della verità, la collaborazione con la magistratura, che diventa il vero banco di prova delle volontà del Governo.

Abbiamo dovuto assistere in questi anni a una immensità di distruzione di prove, di carte consegnate con colpevole ritardo. Ma anche oggi, pur in presenza della direttiva Renzi, la documentazione consegnata alla magistratura è insufficiente e lacunosa.

Voglio sempre ricordare che, dopo le dichiarazioni del presidente emerito Cossiga, il quale ha espressamente puntato l’indice contro la Francia, la Procura della Repubblica di Roma sta ancora indagando sugli autori dell’abbattimento e si trova, ancora una volta, davanti alla mancanza di collaborazione internazionale.

Se vogliamo davvero ricostruire quello che è capitato nei cieli quella notte, preso atto che purtroppo tutto il possibile è stato colpevolmente distrutto in Italia, sono gli Stati – che potevano, coi loro apparati vedere, e coi loro aerei essere in cielo – che possono e debbono fornire informazioni.

In cielo forse si stava giocando una “sporca” partita che i cittadini non dovevano conoscere, ma che ha portato via i nostri cari.

A questo punto è venuto il momento, a trentacinque anni di distanza, di pretendere che tutte le carte vengano scoperte; questo deve essere il grande impegno del Governo e anche il Parlamento, io credo, deve far sentire la sua voce per il rispetto dei diritti dei cittadini.
Voltare pagina vuol dire anche onorare tutti questi valori.

E l’incontro con gli amici e le amiche del Bologna Pride, per parlare di verità negate, di diritti calpestati, rappresenta davvero un’ottima occasione per uno scambio reale di esperienze e per pretendere tutti assieme che tali diritti vengano ripristinati.

Con questo spirito nasce il dialogo su memoria e storia, sulla verità tra personale e politico, con questo spirito nasce la presenza agli incontri del 35esimo anniversario della strage di Ustica.